Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/126

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timbro, doveva contenere il famoso elisire di ambra distillata, il più potente moderatore degli sdegni umani.

Quelle due circostanze non isfuggirono allo sguardo maligno del Capo di Sorveglianza, il quale non era mai tanto felice come quando poteva accertarsi che alcuno de’ suoi superiori versasse in gravi imbarazzi. Il Torresani era stoffa da impiegato. Per dissimulare le proprie impressioni, egli si studiava di prendere un’aria di bonomia che faceva a pugni col suo grugno sinistro. Teneva gli occhi bassi — il labbro semiaperto — e preparava in sua mente dei concettini, delle arguzie, delle banalità umoristiche, tanto da prolungare un colloquio, dal quale prevedeva ottimi risultati. Il Torresani voleva divertirsi a spese del Gran Proposto, e cavare da’ suoi imbarazzi il maggior profitto che per lui si potesse.

— Mio caro Torresani... noi viviamo in tempi difficili! — cominciò il Gran Proposto, dopo aver sorbito due o tre gocciole dell’elisire moderatore.

— In verità — rispose l’altro — i tempi non sono facili...

I due interlocutori si sbirciarono di traverso — e ciascuno aspettava che l’altro riprendesse il dialogo.

Il Gran Proposto, dopo breve pausa, dovette intuonare una seconda volta:

— Viviamo in tempi... nefasti!...

— Voi parlate come un giornale dell’opposizione, eccellentissimo signor Proposto. — Moderate le vostre parole, ovvero sarò costretto a registrare il vostro nome fra quelli dei malcontenti, dei pregiudicati politici, dei settari, dei nemici dell’ordine, di quei sciagurati che cospirano contro il migliore dei Governi... contro il Governo attuale...

— Voi non mi avete compreso, ottimo collega — ed io mi affretterò a chiarirvi il mio concetto; altrimenti,