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Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/170

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di vedersi contrariato, disse all’anziana: Vi par egli che io sia troppo indiscreta nel domandarvi una concessione?... Amerei di attraversare quel lago... di salire in quella gondola... di provare, sull’istromento che dovrà essere l’interprete dei miei pensieri, una canzone che ho composta per... lui! Sarà la canzone di richiamo. E tu, mia buona Speranza, tu l’ascolterai da questo luogo, e mi dirai qual effetto essa avrà prodotto sull’animo tuo!... E poi!... ho in mente un pensiero... Mi pare che i suoni di quel cembalo debbano attraversare gli spazii immensi... e giungere fino a lui.

— Non vi è ragione perché io mi opponga a così onesto desiderio — rispose l’anziana — venite!

La fanciulla, dopo essersi congedata con un bacio dalla sorella di amore, sorvolò con piede leggerissimo al mobile tappeto, salì nella gondola, e disparve colla sua guida.

L’anziana, per un sentimento di deferenza e di rispetto che erale imposto dalla sua condizione, non si intrattenne con Fidelia nel piccolo gabinetto. D’altronde, ella aveva l’obbligo di far gli onori del palazzo, e in quel momento suonava l’ora di refezione, e le amiche della fidanzata, giusta il patto convenuto, entravano nel vestibolo.

— Rilasciate il gran ventaglio! rilevate le mense! — ordinò l’anziana alle volonterose — prima che le ospiti fanciulle fossero entrate nella sala.

E subito la scena mutò di aspetto, e l’incantevole panorama scomparve dietro il velario ondulato, che formava una muraglia di lapislazzulì.

Nel momento in cui le fanciulle entravano nella sala, dalla sua gondola invisibile Fidelia sciolse la voce.

Speranza portò il dito alle labbra, e le fanciulle ristettero ad ascoltare coll’estasi in volto.