Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/245

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E urtandosi, pigiandosi, accavallandosi, i cittadini facevano del loro meglio per dar libero passo ad un pelottone di cavalcatrici, le quali a bandiera spiegata scendevano dalla collina.

Chi erano? Che volevano? Dove andavano quelle cento donne quasi nude, graziosamente atteggiate sulle candide selle?

Erano le rappresentanti del circolo Michel, venute da Parigi per propagare nei dipartimenti italiani le libere idee della emancipazione del sesso femminile. Giovani, belle, vigorose, le chiome ondeggianti sui seni di alabastro, l’occhio radiante, la mente esaltata da ardenti entusiasmi, esse sfilavano sull’area tra le acclamazioni della moltitudine come altrettante amazzoni trionfatrici.

Sostarono sotto un grande baldacchino, eretto il giorno innanzi dalle consorelle del Circolo Olona; e l’onda della folla, momentaneamente divisa dal loro passaggio, si riunì compatta, numerosa, per precipitarsi verso le sbarre che circondavano il padiglione. Di lì a poco, quell’immenso frastuono di grida, quell’urto impetuoso di popolo, si mutarono in un silenzio di sepolcro, in un’immobilità di acqua stagnante. Clara Michel, la capitana delle emancipatrici, si discostò un breve tratto dalle sorelle, e avanzandosi a cavallo verso quella selva di gente, con voce vibrata e sonora da contralto, parlò in tal guisa:

«È a voi, consorelle del sesso avvilito, che io dirigo la parola. I bruti che vi premono i fianchi col titolo di mariti, di padri, di fratelli o di amanti, furono sordi in ogni tempo ai nostri legittimi reclami; né io pretendo che essi mi prestino orecchio benigno.

«Il nostro maschio è inaccessibile ad ogni sentimento di delicatezza. Dominarci, tiranneggiarci, abbrutirci, ecco il suo statuto sessuale. Fummo chiamate sesso debole; e noi, atterrite dai grossi vocioni, ci lasciammo sotto-