Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/269

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siglio supremo dell’ordine incaricato di una delle più importanti missioni che ad uomo fosse mai dato di compiere.

«Or fanno cinquant’anni vivea sulla terra un grande scienziato, un uomo di forte intelletto e di straordinaria energia morale, chiamato Malthus. Era nipote di un altro filosofo vissuto in epoca avversa ad ogni lume di verità, un banditore di sapienti teorie mal comprese e peggio apprezzate da’ suoi contemporanei.

«Quelle teorie racchiudevano i germi dei principii indiscutibili che formano oggi la base della nostra fede politica. Il Malthus che oggi ricomparisce sulla scena del mondo, avendo raccolta e fatta sua la splendida eredità di idee lasciate dallo zio, pensò di istituire un’associazione la quale si incaricasse di diffonderle. Gli apostoli delle dottrine Malthusiane si prestarono allo scopo con zelo entusiastico, ma incontrarono un’opposizione accanita e pertinace. I tempi non erano maturi. La nuova generazione, invasa da un fervido spiritualismo, chiudeva l’orecchio alle nostre dottrine. Il prete riformato, poetizzando gli antichi dogmi, avea riconquistata la donna, questo essere volubile e fantastico, sempre mai allettato dalle parvenze, sempre facile ad esaltarsi per ogni sentimentalismo insensato. Tutte le nuove istituzioni, tutte le leggi dello stato si ispiravano alle tendenze dell’epoca; nei nostri codici si riflessero tutte le stravaganze e le follie di un popolo abberrato. Correva l’anno 1932. Il nostro Malthus, che allora toccava appena i trent’anni, si lasciò prendere dallo scoramento, e disperando di riuscire ne’ suoi alti disegni, un bel giorno, adunati i suoi apostoli più fedeli, annunziò ad essi il suo proposito di abbandonare la vita. Sì: quel grand’uomo voleva morire nel fiore dell’età; voleva fuggire da un mondo che, a suo vedere, non sarebbe mai stato capace di compren-