Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/283

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— Non affannarti — disse il Levita trattenendo il desolato che correva dall’un all’altro capo della stanza come uscito di senno; — il Consiglio di sorveglianza è informato, i militi sono in marcia. Quello stesso messaggiero che ieri a notte mi consegnò il bambino e le lettere, si è incaricato di far appello agli esecutori di giustizia e di comunicare ai giornali la notizia di un fatto al quale si annodano tanti interessi.

Mentre il Levita parlava, si udì nel vestibolo un rumore somigliante a quello di due grandi parapioggia che si chiudono.

— Eccoli di ritorno! — esclamò con gioia fratello Consolatore.

E uscito per un istante, rientrò nell’aula in compagnia di due gentili figure di giovinetto e di fanciulla, entrambi ravvolti in due grandi ali, che proteggevano, a guisa di manto, le rosee delicatezze dei corpi leggiadri.

Quelle due figure, che in forma plastica e vivente traducevano l’angelo dei cristiani, si chiamavano Rondine e Lucarino. Noi abbiam veduto questi due alati portentosi scendere a volo e sostare sulla guglia maggiore della cattedrale di Milano, il giorno in cui l’Albani produceva il miracolo della pioggia artificiale. L’opera di Fourrier, perfettamente riuscita, consolidata dall’esercizio, prometteva alla specie umana una trasformazione stupenda.

— I due che ti stanno dinanzi — disse il Levita presentando all’Albani quella coppia di alati, — potranno informarti di ciò che ora si sta operando in favore della buona Maria. Dopo averti restituito il figlio, è giusto che essi ti riferiscano sulle sorti della madre.

Lucarino prese la parola:

— Ieri, al cader del giorno, noi traversavamo di volo