Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/284

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gli spazii sovrastanti a quel monte gigantesco, sempre coperto di nevi, che si chiama il Gottardo. Essendoci di molto abbassati per sottrarci alle punture dell’aria rigidissima, giunsero al nostro orecchio dei suoni che parevano strida da pappagalli, misti ad ululati da jena.

«Sostammo, e raccogliendo il volo sovra una superficie lucente, che da lungi ci era parsa un enorme ammasso di ghiaccio, il nostro piede avvertì una gradita esalazione di tepore. Immaginate la nostra meraviglia! Noi passeggiavamo sovra una tettoia di cristallo leggermente riscaldato, e sotto i nostri piedi si sprofondavano le muraglie di un vasto palazzo popolato di esseri viventi. Che mistero è codesto? quali saranno gli abitatori di questo immenso edilizio fabbricato sulle alture di una montagna oggimai divenuta inaccessibile?

«Aggirandoci intorno al quadrilatero, osservando, ascoltando, ci avvenne di scorgere una giovane donna che correva, invocando soccorso, fra gli scoscendimenti di una valle poco discosta. Quel grido ci trafisse l’anima; accorremmo, e in meno ch’io ve lo dico, ci trovammo al fianco di quella donna.

«— Se voi siete due angeli — esclamò ella con accento desolato — prendete sotto la vostra custodia questa mia creatura innocente; è un figlio dell’amore, del primo, dell’unico amore che abbia fatto trasalire le mie viscere.

«Così parlando, la tapina ci sporse un paniere, dove tra bianchi pannilini giacea sopito il grazioso bimbo che ora posa su quel letto.

«— Io sono inseguita — riprese ella con terrore; — inseguita da un uomo potente e feroce. Presto! esaudite il voto di una povera madre. Prendete quel fanciullo, dirigetevi su Milano e fate di scendere alla casa di quel santo che si chiama il fratello Consolatore. Nel paniere vi hanno due lettere, dirette l’una al buon Levita, l’altra a colui:..