Pagina:Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu/36

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«E l’atomo vanitoso che si classifica ragionevole presumerebbe emanciparsi dalla legge universale! Non deridiamo, non insultiamo! Questa pretesa dell’istinto umano costituisce appunto il motore della sua efficienza. Illuso, inconsapevole, l’uomo segue il suo corso di rotazione. Cercando il meglio nell’esclusivo interesse della propria individualità, il suo moto, la sua azione diviene, come quella delle altre intelligenze mondiali, un perpetuo sacrifizio al bene dell’universo.

»Misterioso, imponente, pieno di sublime poesia è questo sacrifizio di tutti per il tutto. Il sole, questa grande intelligenza luminosa, che non può uscire dalle sue rotaje inesorabili, che non può arrestarsi, che non può svestirsi della sua immensa luce, nè temperare gli ardori della sua combustione perenne — la terra che si affatica nel rapido movimento di ogni giorno, roteante fra i nembi e le folgori, sospinta e ribalzata da più potenti pianeti — la belva che ruggisce per fame, il montone che dev’essere divorato, l’augello che canta per dolore, l’uomo che ride per impotenza, la pianta che piange e geme negli sforzi della vegetazione, la materia e l’intelligenza che si accoppiano per dissolversi nella corruzione — tutto ciò che vediamo o immaginiamo, tutto ciò che si nasconde ai nostri sensi, ma si rivela al nostro spirito — tutto rappresenta l’individualità che si sacrifica all’ordine dell’universo.

»Una volta riconosciuta questa legge, una volta stabilita questa fede, che risulta lucidissima ai sensi, tanto che la mente più pregiudicata non oserebbe rinegarla; è egli più possibile di prender sul serio queste miserabili questioni di parole e di formole, le quali non sono che il risultato di un errore vanitoso, per cui l’uomo vorrebbe disconoscere, adempiendola, la propria missione?

»Non fanno pietà queste gare mal definite tra il pas-