Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/127

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soccorso! abbiate misericordia di uno sfortunato che non ha fatto alcun male!»

Gl'insoliti rumori durarono tre giorni. Nel quarto era cessata la pioggia, ma i tuoni imperversavano tuttavia, e nel cortile s'udivano grida più distinte e più feroci, grida di vendetta e di morte.

Quel giorno il povero Teodoro non ricevette dal secondino la consueta pagnotta.

Pensate qual fosse il prigioniero all'indomani!... Verso lo spuntare dell'alba, il miserello, che non aveva gustato cibo nè sonno, giaceva assiderato sul pavimento... le braccia appoggiate alla porta...! Non è mestieri ch'io spieghi, quali fossero gli strani rumori uditi da Teodoro negli ultimi giorni della sua prigionia. Erano la rivoluzione delle cinque giornate, erano la battaglia di un popolo fatto onnipotente dalla coscienza dei proprj diritti; erano il primo atto di quel dramma glorioso, che noi abbiamo veduto chiudersi dopo tanta complicazione di eventi ora prosperi ora avversi, col trionfo della indipendenza e della libertà italiana.

Il terribile palazzo di Santa Margherita è invaso dal popolo vincitore. I lupi della esosa polizia sono dispersi o stretti in catene. I cortili, le scale, i corritoi suonano di liete grida... le prigioni si disserrano... Le vittime della antica tirannide, uscendo dalle oscure caverne, respirano la libertà, e dinanzi ai vividi colori della bandiera italiana dimenticano le pene sofferte, risorgono a vita novella.

Carlo Obrizzi non ha dimenticato l'antico ospite, il martire di piazza Fontana. Il valoroso operaio, che fra i primi ha combattuto alle barricate, profitta della vittoria per correre a liberare l'amico.

Le porte dell'orribile cameraccia, ov'è sepolto Teodoro, si spalancano d'improvviso... L'Obrizzi, seguìto dai fratelli e dagli amici vestiti di velluto e armati di pistole e di pugnali, si gettano sul prigioniero, lo sollevano dal pavimento, e cercano rianimarlo coi gridi: — Viva l'Italia! Viva la libertà!

— Presto! la tua boccetta dell'acquavite! — dice l'Obrizzi all'un dei colleghi. — Dio sa quanto ha patito il povero ragazzo in questi ultimi giorni! Egli non ha più forza da reggersi in