Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/57

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o già fidanzati da parecchi mesi: noi siamo vincolati da promesse reciproche, alle quali nè egli nè io potremmo venir meno. Ma il nostro matrimonio non può effettuarsi in questo momento... Il signor Edoardo lo sa... ed io ne vado orgogliosa... Quanto a me, non potrei stimare un uomo che si rifugiasse nelle dolcezze dell'amore al momento in cui tutti i giovani italiani vanno a sfidare la morte per l'indipendenza e la libertà del loro paese. Un tal uomo non potrebbe mai divenire lo sposo di Enrichetta Contareno.

Il signor De Mauro rimase fulminato. Egli comprendeva che in quel fiero carattere di fanciulla i propositi dovevano essere tenaci come le convinzioni. Si volse al marchese, sperando che questi lo togliesse di imbarazzo: ma il vecchio Contareno guardava sua figlia cogli occhi ebeti e lacrimosi, e a stento poteva respirare. Aveva mangiato per quattro, e la lunga conversazione tenuta poco prima col signor De Mauro gli aveva prostrate le fibre.

Impossibile descrivere le attitudini diverse di quei quattro personaggi. A sciogliere di qualche modo gli imbarazzi della situazione, sopravvenne la signora Serafina.

— Ebbene? tutto è conchiuso... non è vero? — domandò bonariamente quella ottima donna entrando nella sala.

— Sì, tutto è conchiuso — rispose il signor De Mauro dissimulando per quanto gli era possibile il suo cattivo umore — ma la signorina, a quanto pare, non ha molta fretta — a noi dunque non rimane che attendere i di lei ordini... o quelli dell'eccellentissimo signor marchese...

— Sicuro!... A domani!... Per oggi basta!... — disse il Contareno levandosi in piedi come uomo che si svegli dal letargo... L'ora è già tarda... non sarebbe tempo di andarcene, Enrichetta?

La fanciulla stese la mano al signor De Mauro che la strinse di mala voglia.

— Spero che non mi serberete rancore — in ogni modo, dopo la guerra, noi ripiglieremo le nostre buone re