Pagina:Giacomelli - Dal diario di una samaritana, 1917.djvu/22

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Li 6. — Stamane all’alba Bertini ha ricevuto i sacramenti. Lo trovai col crocifisso sul guanciale, calmo, quasi sereno. Mi disse: «Ne ho visti tanti restare lassù. Qui almeno siamo assistiti».

Stetti un po’ senza poter parlare. Intanto vedevo che la sua debole mano pareva cercare qualchecosa sotto il guanciale. Feci per aiutarlo. Era un piccolo gruppo di due vecchi contadini, dal costume abruzzese. Il morente lo accostò alle labbra; poi me lo porse. «Quando arriveranno, signori, dite che li ho baciati».

Vedevo il pallore farsi cadaverico, il respiro più breve. Alzai la voce per chiamare, ma tosto capii che, ormai, era finito.

Gli occhi vitrei erano fissi nel vuoto. Tolsi dal guanciale il crocifisso, lo posi sulle labbra bianche, che fecero, lieve, l’atto del bacio. Gli occhi parvero sorridere e poi, così, rimasero immobili.

Inginocchiata, li chiusi mormorando: «Per la Patria nostra, grazie!»


Li 7. — Sono arrivati in tempo di vederlo nella bara. Il padre è come istupidito. La madre è una figura che ha una certa composta grandezza di antica razza. Per ore stette là, nel triste luogo, pregando con una dolce cantilena straziante. Poi, quando fu l’ora del funerale, essa seguì, senza una lacrima, appoggiata al mio braccio, con lo sguardo afono, fisso sul carro.

Quando, riuscendo di chiesa, le Autorità le cedettero il passo e i soldati all’umile bara presentarono le