Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/340

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. viii. 303

spotismo di Artaserse, che non potea soffrire un ribelle; e gli scismatici di tutto quel vasto impero furono in breve ridotti allo spregevole numero di ottantamila1. Questo spirito di persecuzione copre di disonore la religione di Zoroastro; ma siccome non produsse veruna turbolenza civile, servì a fortificare la nuova monarchia, unendo tutti i diversi abitatori della Persia col il legame dello zelo di religione.

II. Artaserse, con il suo valore e la sua condotta, avea tolto lo scettro dell’Oriente all’antica reale famiglia dei Parti. Restava ancora la più difficile impresa di stabilire per tutta la vasta estensione della Persia un’amministrazione vigorosa ed uniforme. Gli Arsacidi, per una debole compiacenza, avean accordate ai loro figli e ai fratelli le principali province e le cariche le più importanti del Regno come beni ereditarj. I Vitassi, ovvero i diciotto Satrapi più potenti, aveano il privilegio di portare il titolo di Re; ed il vano orgoglio del Monarca era ben lusingato dal dominio di puro nome sopra tanti Re suoi vassalli. I Barbari stessi nelle loro montagne, e le greche città dell’Asia superiore2, dentro le loro mura, riconoscevano appena un superiore, o gli ubbidivano raramente; e l’Impero dei Parti presentava sotto altro nome una viva

  1. Hyde de Relig. Persar. c. 21.
  2. Queste colonie erano numerosissime. Seleuco Nicatore fondò trentanove città, alle quali tutte egli o dette il suo proprio nome, o quello di alcuni parenti (Vedi Appian. in Syriac. p. 124). L’Era di Seleuco (tutt’ora usata dai Cristiani orientali) comparisce sino all’anno 508, di Cristo 196, sulle medaglie delle città greche racchiuse nell’Impero dei Parti. Vedi le opere di Moile vol. I p. 275 ec. e Freret Mém. de l’Académie tom. XIX.