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308 storia della decadenza

Da queste felici incursioni per altro non ricavarono i Romani alcun reale o durevole vantaggio; nè tentarono di conservare quelle remote conquiste, che un immenso deserto separava dalle province dell’Impero. La riduzione del regno di Osroene fu una conquista meno gloriosa, è vero, ma di più solido vantaggio. Quel piccolo Stato comprendeva la parte settentrionale e più fertile della Mesopotamia, tra l’Eufrate ed il Tigri, Edessa, sua capitale, era in distanza di quasi venti miglia di là dall’Eufrate; ed il suo popolo, fino dal tempo di Alessandro, era un mescuglio di Greci, di Arabi, di Siri, e di Armeni1. I deboli Sovrani di Osroene posti fra i pericolosi confini dei due Imperi rivali, erano per inclinazione parziali dei Parti; ma la potenza superiore di Roma esigeva da loro un forzato omaggio, che viene tuttora attestato dalle loro medaglie. Finita sotto Marco Aurelio la guerra dei Parti, fu giudicato prudente cosa cosa l’assicurarsi della lor dubbia fede con mezzi più certi. Furono perciò costruiti in varie parti del loro paese diversi Forti, ed una guarnigione romana fu posta nella fortissima piazza di Nisibe. Nella confusione che accompagnò la morte di Commodo, i Principi di Osroene procurarono di scuotere il giogo; ma l’austera politica di Severo assicurò la loro dipendenza2, e la perfidia di Caracalla compì

  1. I culti cittadini di Antiochia nominavano quelli di Edessa un mescuglio di Barbari. Era però un qualche pregio che il dialetto Arameo, il più puro ed il più elegante dei tre dialetti del Siriaco, si parlasse in Edessa. Il Sig. Bayer (Stor. Edess. p. 5.) ha ricavata questa osservazione da Giorgio di Malatia, scrittore siriaco.
  2. Dione l. LXXV p. 1248, 1249, 1250. Il Sig. Bayer ha trascurato di far uso di un passo così importante.