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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/358

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dell'impero romano cap. ix. 321

asserire con maggior confidanza che l’aria pungente della Germania formasse le grandi e maschie membra dei nazionali, i quali erano in generale di una più alla statura, che i popoli del mezzogiorno1; e desse loro una specie di forza meglio adatta ai violenti esercizj che alla paziente fatica; ed inspirasse un valor macchinale, che è l’effetto dei nervi e degli spiriti. L’asprezza di una campagna d’inverno, che agghiacciava il coraggio dello truppe romane, veniva appena sentita da quei robusti figli del Settentrione2, i quali erano a lor volta incapaci di resistere ai calori estivi, e cadevano in languidezza ed infermità sotto i raggi d’un sole d’Italia3.

Non v’è in tutto il globo un largo tratto di paese, che sia stato scoperto privo d’abitatori, o la cui prima popolazione possa fissarsi con qualche grado di storica certezza. E ciò non ostante, siccome le menti le più filosofiche possono raramente trattenersi dall’investigare l’infanzia delle grandi nazioni, la nostra curiosità si consuma in faticosi ed inutili sforzi. Quando Tacito considerò la purità del sangue germano, e il ributtante aspetto del paese, si determinò a dichiarare Indigeni, ovvero nativi del suolo quei barbari. Pos-

  1. In hos artus, in haec corpora, quae miramur, excrescunt. Tacit. German. 3, 20. Cluver l. 1, c. 14.
  2. Plutar. in Mario. I Cimbri per divertimento sdrucciolavano dalle montagne di neve sopra i loro grandi scudi.
  3. Fecero i Romani la guerra in tutti i climi, e con l’eccellente lor disciplina si conservarono in gran parte la salute ed il vigore. È da osservarsi, che l’uomo è il solo animale, il quale possa vivere e moltiplicare in ogni paese, dall’Equatore ai Poli. Sembra che in questo privilegio il porco si avvicini più d’ogni altro animale alla nostra specie.