Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/362

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dell'impero romano cap. ix. 325

cizio delle facoltà della mente, il bove compagno di sue fatiche. Si troverà la medesima differenza, e forse ancora più grande, fra le nazioni che fra gl’individui; e si può con sicurezza asserire, che senza qualche genere di scrittura niun popolo ha mai conservato i fedeli annali della sua storia, nè fatti progressi considerabili nelle scienze astratte, nè mai posseduto in un grado tollerabile di perfezione le arti utili, o dilettevoli per la vita.

Di queste arti erano miseramente privi gli antichi Germani. Passavano la vita nello stato d’ignoranza e di povertà, che alcuni declamatori si sono compiaciuti di decorare col nome di virtuosa semplicità. La moderna Germania si dice contenere quasi duemila trecento città cinte di mura1. In una più vasta estensione di paese, il geografo Tolomeo non potè discoprire più di novanta luoghi, ch’ei decorò col nome di città2; quantunque (secondo le nostre idee) mal meritassero quello splendido titolo. Si può soltanto supporre che fossero informi fortezze, costruite nel centro dei boschi, e destinate a porre in sicuro le donne, i ragazzi, ed il bestiame, nel tempo che i guerrieri delle tribù uscivano fuori a respingere un’improvvisa invasione3. Ma Tacito asserisce, come fatto ben noto, che i Germani dell’età sua non aveano città4;

  1. Recherches Philosoph. sur les Améric. tom. III. pag. 228. L’autore di questa bella opera è (se non sono male informato) tedesco di nascita.
  2. Il geografo Alessandrino è spesso criticato dall’esatto Cluverio.
  3. Vedi Cesare ed il dotto Sig. Whitaker nella sua Storia di Manchester vol. I.
  4. Tacit. German. 15.