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326 storia della decadenza

ed affettavano di sprezzare le opere dell’industria romana, come luoghi piuttosto di prigionia che di sicurezza1. Le loro case non erano nè contigue, nè distribuite in regolari villaggi2; ogni Barbaro fissava la sua indipendente abitazione nel sito, al quale una pianura, un bosco, o una sorgente di acqua dolce lo aveva indotto a dare la preferenza. In quei deboli abituri non s’impiegavano pietre, nè mattoni, nè tegole3. Non erano di fatto più che basse capanne di circolare figura, fabbricate di rozzo legno, coperte di strame, e aperte in cima per lasciare un passo libero al fumo. Nel più rigido inverno il duro Germano si contentava d’uno scarso vestito, fatto della pelle di qualche animale. Le nazioni che abitavano verso il Settentrione si coprivano di pellicce; e le donne si facevano per loro uso le vesti di un lino assai rozzo4. La cacciagione di varie sorte, di cui eran piene le foreste della Germania, serviva a nutrire ed esercitare i suoi abitatori5. I loro numerosi bestiami, più utili in vero che belli6, formavano la loro ric-

  1. Quando i Germani ordinarono agli Ubii di Colonia di scuotere il giogo romano, e ripigliare con la nuova lor libertà gli antichi costumi, insisterono sull’immediata demolizione delle mura della Colonia. Postulamus a vobis, muros coloniae, munimenta servitii detrahatis; etiam fera animalia, si clausa teneas, virtutis obliscuntur. Tacit. Hist. IV. 64.
  2. Gli sparsi villaggi della Slesia si estendono per diverse miglia di lunghezza, Vedi Cluver. l. I c. 13.
  3. Centoquaranta anni dopo Tacito, furono erette alcune fabbriche più regolari vicino al Reno e al Danubio Erodiano, l. VII p. 234.
  4. Tacit. Germ. 17.
  5. Tacit. German. 5.
  6. Caesar. De bell. Gall. VI 21.