Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/386

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dell'impero romano cap. ix. 349

Gli Stati più formidabili della Germania si studiavano di circondare i loro territorj con una larga frontiera di solitudine e di devastazione. Così quella spaventosa distanza gli assicurava dai loro vicini, attestava il terrore delle loro armi, e in qualche modo li difendeva dal pericolo d’inaspettate incursioni1.

„I Bruteri (è Tacito che parla) furono totalmente esterminati dalle vicine tribù2, provocate dalla loro insolenza, lusingate dalla speranza del bottino, e forse inspirate dai Numi tutelari dell’Impero. Quasi sessantamila Barbari furon distrutti non dall’armi romane, ma sotto i nostri occhi, e per darci un grato spettacolo. Così le nazioni nemiche di Roma conservino sempre fra loro questa scambievole inimicizia. Noi siamo giunti al colmo della prosperità3, ed altro non ci resta ad implorare dalla fortuna, che le discordie dei Barbari4.„ Questi sentimenti men degni dell’umanità, che del patriottismo di Tacito, mostrano le invariabili massime di politica de’ suoi concittadini. Consideravan eglino più sicuro espediente il dividere, che il combattere quei Barbari, dalla disfatta dei quali non potean ritrarre nè onor nè vantaggio. Il danaro e gli artifizj di Roma penetravano nel cuore della Germania; e col giusto decoro si metteva in

  1. Caesar De Bell. Gall. l. VI 23.
  2. Sono essi però rammentati nel IV e V secolo da Nazzario, Ammiano, Claudiano ec. come una Tribù di Franchi. Vedi Cluver. Germ. Antiq. l. III c. 13.
  3. Urgentibus è la comun lezione; ma il buon senso, Lipsio ed alcuni Mss. si dichiararono per vergentibus.
  4. Tacit. German. c. 33. Il devoto abate de la Bleterie è molto sdegnato con Tacito; parla del diavolo, che fu un assassino fin da principio ec. ec.