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386 storia della decadenza

disfatto che intimorito del coraggio dei Senatori, giacchè poteva questo un giorno animarli a liberare la Repubblica dalla domestica tirannide, come da una straniera invasione. Fu la sua timida ingratitudine disvelata ai suoi sudditi in un editto, che proibiva ai Senatori l’esercizio d’ogni militare impiego, e sino l’accostarsi ai campi delle legioni. Ma erano mal fondati i suoi timori. I ricchi e delicati nobili, ricadendo nel loro naturale carattere, accettarono come un favore questa disonorante esenzione dal militare servizio; e finchè poterono godere i loro teatri, i bagni e le ville loro, rimisero con piacere nelle rozze mani dei contadini e dei soldati1

Un’altra invasione degli Alemanni, di più glorioso successo, vien riferita da uno Scrittore del basso Impero. Dicesi che trecentomila di quella bellicosa nazione furono vinti in una battaglia vicino a Milano da Gallieno in persona, alla testa di soli diecimila Romani2. Possiam per altro con gran probabilità attribuire questa incredibil vittoria o alla credulità dello Storico, o ad alcune esagerate imprese di qualche Generale di Gallieno. Procurò quest’ultimo, con armi molto diverse, di assicurare l’Italia contro il furor dei Germani. Egli sposò Pipa figlia di un Re dei Marcomanni, Tribù sveva, che fu spesso confusa cogli Alemanni nelle loro guerre e conquiste3. Al Padre, come in prezzo della sua alleanza, egli accordò un vasto stabilimento nella Pannonia. Sembra che i natu-

  1. Aurel. Vittore in Gallieno e Probo. I suoi lamenti sperano un insolito ardore di libertà. le più pericolose cure dell’Impero.
  2. Zonara, l. XII p. 631.
  3. Uno dei Vittori lo chiama Re dei Marcomanni, l’altro dei Germani.