Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/434

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dell'impero romano cap. x. 397

de’ suoi concittadini al servizio di Roma, e fu rivestito cogli ornamenti della Consolar dignità, non mai per l’avanti profanati dalle mani di un Barbaro1. Un gran numero di Goti, disgustati dai pericoli e dai travagli di un tedioso viaggio, fecero irruzione nella Mesia con disegno di aprirsi a forza il passo sul Danubio a’ loro stabilimenti nell’Ucrania. L’ardito tentativo sarebbe stato seguito da una inevitabile distruzione, se la dissensione dei Generali romani non avesse risparmiato i Barbari a spese della causa comune2. Il picciol resto di quell’esercito distruggitore ritornò a bordo de’ suoi vascelli; e rifacendo la strada per l’Ellesponto e pel Bosforo, devastò in passando i lidi di Troia, la cui fama resa immortale da Omero sopravviverà probabilmente alla memoria delle conquiste dei Goti. Appena ch’e’ si trovarono sicuri in seno all’Eusino, presero terra ad Anchiale nella Tracia, vicino alle falde del monte Emo; e dopo tutte le loro fatiche, si sollevarono coll’uso di quelle salubri e piacevoli terme. Nè rimaneva del loro viaggio che una corta e facile navigazione3. Tali furono le varie vicende di questa terza, e loro maggior impresa navale. Sembra difficile a concepire, come un corpo, in principio di quindicimila guerrieri, potesse sostenere le perdite e le divisioni di una impresa sì ardita. Ma a misura che il loro numero veniva a poco a poco diminuito dalla spada, dai naufragi, e dall’in-

  1. Sincello p. 382. Questo funesto corpo di Eruli fu per gran tempo fedele e rinomato.
  2. Claudio, che comandava sul Danubio, pensò giustamente ed operò con coraggio. Il suo collega fu geloso della di lui fama. Stor. Aug. p. 181.
  3. Giornandes c. 20.