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fluenza di un clima caldo, era continuamente rinnovato dalle truppe di banditi e di disertori, che concorrevano sotto l’insegna del saccheggio, e da una turma di schiavi fuggitivi, spesso di estrazione germana o sarmatica, che ansiosamente prendevano la gloriosa opportunità di rompere i loro ferri e di vendicarsi. In queste spedizioni, la gotica nazione pretese d’avere avuta una maggior parte nell’onore e nel pericolo: ma le tribù, che combatterono sotto le gotiche insegne, sono talvolta distinte e talvolta confuse nelle imperfette Storie di quel secolo; e siccome le barbare flotte uscir parvero dalla foce del Tanai, così fu spesso data a quella mista moltitudine1 la vaga e familiare denominazione di Sciti.

Nelle generali calamità del Genere Umano la morte di un individuo, quantosivoglia illustre, o la rovina di un edifizio, quantosivoglia famoso, si trapassano con una indolente non curanza. Non possiamo per altro obbliare che il Tempio di Diana in Efeso, dopo essere risorto con maggiore splendidezza da sette successivi infortunj2, fu in fine bruciato dai Goti nella terza loro navale invasione. Le arti della Grecia, e l’opulenza dell’Asia si erano unite ad erigere quella sacra e magnifica fabbrica. Centoventisette colonne di marmo d’ordine ionico la sostenevano. Erano tutte doni dei devoti Monarchi, ed aveano ciascuna sessanta piedi di altezza. L’altare era adorno delle maestrevoli sculture di Prassitele, che forse dalle favorite leg-

  1. Zosimo ed i Greci, (come l’autore del Tilopatride) danno il nome di Sciti a quelli che Giornandes e gli Scrittori latini costantemente rappresentano come Goti.
  2. Stor. Aug. p. 178, Giornandes c. 20.