Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/438

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dell'impero romano cap. x. 401

Persiano si avanzava verso la frontiera conducendo insuperabili forze. Il giovane Tiridate, futura speranza della sua patria, fu salvato dalla fedeltà di un servo, e l’Armenia rimase per quasi ventisette anni una ricalcitrante provincia della gran Monarchia persiana1. Insuperbito da questa facile conquista, ed affidato alla depravazione dei Romani, Sapore obbligò le forti guarnigioni di Carre e di Nisibi ad arrendersi, e sparse la devastazione e il terrore dall’una e dall’altra parte dell’Eufrate.

[A. D. 260] La perdita di una frontiera importante, la rovina di un fido e naturale alleato, ed il rapido successo dell’ambizione di Sapore, fecero profondamente sentire a Roma l’insulto, ed il pericolo. Valeriano confidò che la vigilanza dei suoi Generali provvederebbe bastantemente alla sicurezza del Danubio o del Reno; ma si risolse, non ostante l’avanzata sua età, di marciare in persona a difender l’Eufrate. Nel suo passaggio per l’Asia minore, furono sospese le navali imprese dei Goti, e la desolata provincia godè una calma passeggiera e fallace. Passò egli l’Eufrate, incontrò il Monarca persiano vicino alle mura di Edessa, fu vinto e fatto prigioniero da Sapore. Le particolarità di questo grande avvenimento sono oscuramente e imperfettamente riferite; ma dal barlume, che ne abbiamo, si può scoprire per parte del romano Imperatore una lunga serie d’imprudenze, d’errori, e di meritate sventure. Pose egli l’intera sua fiducia in Macriano

  1. Mosè di Corene, l. II, cap. 71 73 74. Zonara l. XII. p. 628. La relazione autentica dell’autore armeno rettifica il confuso racconto del greco Storico. Costui parla dei fanciulli di Tiridate, il quale allora era fanciullo egli stesso.