Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/447

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410 storia della decadenza

a poco a poco è degenerato in popolare denominazione1. Ma è per ogni verso vano e falso il paragone. Qual mai somiglianza può ritrovarsi tra un concilio di trenta persone, che unite opprimevano una sola città, e tra una incerta lista d’indipendenti rivali, che si innalzarono e caddero con irregolar successione, per tutta l’ampiezza di un vasto Impero? Nè può essere il numero dei trenta compito, se non vi s’includono ancora le donne e i fanciulli, che furono onorati col titolo imperiale. Il regno di Gallieno, disordinato come era, produsse soltanto diciannove pretendenti al trono; Ciriade, Macriano, Balista, Odenato, e Zenobia in Oriente; nella Gallia e nelle province occidentali, Postumo, Lolliano, Vittorino e sua madre Vittoria, Mario, e Tetrico; nell’Illirico e nei confini del Danubio, Ingenuo, Regilliano, ed Aureolo; nel Ponto2, Saturnino; nell’Isauria, Trebelliano; Pisone nella Tessaglia; Valente nell’Acaia; Emiliano nell’Egitto; e Celso nell’Affrica. Chi volesse illustrare gli oscuri monumenti della vita e della morte di ognuno di essi, imprenderebbe un laborioso assunto, nè istruttivo, nè dilettevole. Possiamo contentarci d’investigare alcuni caratteri generali, che più vivamente distinguono le circostanze de’ tempi, ed i costumi degli uomini, le loro pretensioni, i loro motivi, il lor fato, e le ruinose conseguenze della loro usurpazione3.

È noto bastantemente, che l’odioso nome di tiran-

  1. Pollione mostra la più minuta premura di compirne il numero.
  2. Il luogo del suo regno è alquanto dubbioso; ma vi era un tiranno nel Ponto, e ci è nota la sede di tutti gli altri.
  3. Tillemont (tom. III, p. 1163) li riferisce alquanto diversamente.