Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano I.djvu/88

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. ii. 51

la patria1. Quando gli alleati di Roma pretesero una egual parte agli onori ed ai privilegi, il Senato, invero, preferì la sorte delle armi ad una concessione ignominiosa. I Sanniti ed i Lucanj pagarono severamente la pena della loro temerità; ma pel resto degli Stati italiani, come successivamente rientrarono nel dovere, vennero ricevuti in seno della Repubblica2, e presto contribuirono alla rovina della pubblica libertà. Sotto un governo democratico, i cittadini esercitano il potere della sovranità; e questo potere prima degenera in abuso, indi si perde, se venga affidato ad una moltitudine disadatta pel numero al maneggio delle pubbliche cose. Ma poscia che le popolari adunanze furon soppresse dalla politica degl’Imperatori, i conquistatori più non vennero distinti dalle nazioni vinte, se non in quanto occupavano il primo ed il più onorevol ordine di sudditi; ed il loro accrescimento, sebben rapido, non fu più esposto agli stessi pericoli. I più saggi Principi però, i quali adottarono le massime di Augusto, conservarono con la più scrupolosa cura la dignità del nome romano, e largirono la cittadinanza con una prudente liberalità3.

Finchè i privilegi di cittadino romano non furono progressivamente estesi a tutti gli abitanti dell’Impe-

  1. Ved. in Beaufort Rep. Rom. l. IV c. 4 il numero esatto dei cittadini che ogni censo comprendeva.
  2. Appiano De bello civili l. I. Vallejo Patercolo, l. II c. 15 16 e 17.
  3. Mecenate lo consigliò di dare con un editto il titolo di cittadino a tutti i suoi sudditi; ma vien giustamente sospettato che Dione Cassio sia l’autore d’un consiglio così bene adattato alla pratica del suo secolo, e così poco alla politica di Augusto.