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52 storia della decadenza

ro, si conservò una distinzione importante tra l’Italia e le province. La prima si riguardava come il centro della pubblica unità, e la salda base della costituzione. L’Italia pretendeva di essere la patria o almeno la residenza degl’Imperatori e del Senato1. Gli Stati degl’Italiani erano esenti da tasse, e le loro persone dalla arbitraria giurisdizione dei governatori. Alle loro comunità municipali, formate sul perfetto modello della capitale, si affidava sotto l’occhio immediato del supremo potere l’esecuzion delle leggi. Dalla radice delle alpi all’estremità della Calabria tutti i nativi d’Italia nascevano cittadini romani. Le loro divisioni di partito erano andate in obblio, ed essi insensibilmente eran venuti a formare una gran nazione unita per la lingua, pe’ costumi, e pe’ regolamenti civili, e proporzionata al peso di un Impero possente. La Repubblica si gloriava della sua generosa politica, ed era frequentemente ricompensata dal merito e dai servizj dei suoi figli adottivi. Se essa avesse sempre ristretta la distinzione di cittadini romani nelle antiche famiglie dentro le mura della città, quel nome immortale sarebbe andato privo d’alcuno dei suoi nobili ornamenti. Virgilio era nativo di Mantova: Orazio era disposto a dubitare se chiamar si dovesse Pugliese o Lucanio: in Padova si trovò uno Storico degno di raccontare la serie maestosa delle vittorie romane. La famiglia dei Catoni, tanto amante della patria, venne da Tusculo; e la piccola città di Arpino si vantò del

  1. I Senatori erano obbligati di avere il terzo dei loro beni in Italia. Ved. Plinio l. VI epist. 19. Marco Aurelio permise loro di non avervi che il quarto. Dopo il regno di Traiano, l’Italia cominciò a non essere più distinta dalle altre province.