Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/107

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dell'impero romano cap. xii. 101

li; circostanza che dimostra o la bontà del suo cuore, o la superiorità del suo ingegno1. Ma erano i talenti di Numeriano di un genere più contemplativo che attivo, quando l’innalzamento del padre lo estrasse a forza dall’ombra del suo ritiro; nè il suo carattere, nè i suoi studi lo avean renduto atto a comandare gli eserciti. La sua complessione fu rovinata dalle fatiche della guerra Persiana; ed egli avea contratto pel calore del clima2 una debolezza tale negli occhi, che fu costretto, nel corso di una lunga ritirata, a confinarsi nella solitudine, e nell’oscurità di una tenda o di una lettiga. L’amministrazione di tutti gli affari e militari e civili fu conferita ad Arrio Apro, Prefetto del Pretorio, che alla potenza dell’importante sua carica univa l’onore di esser suocero di Numeriano. Era strettamente guardato il padiglione Imperiale dai suoi più fedeli aderenti, e per molti giorni Apro diede all’armata i supposti ordini dell’invisibile Sovrano3.

[A.D. 284] Non erano scorsi ancora otto mesi dalla morte di Caro, quando l’esercito Romano, ritornando a lunghe giornate dalle rive del Tigri, arrivò a quelle del Bosforo Tracio. Le legioni fecero alto a Calcedonia nell’Asia, mentre la Corte passava sopra Eraclea sulla costa Europea della Propontide4. Ma si sparse im-

  1. Vinse tutte le corone a Nemesiano, col quale contendeva nella poesia didattica. Il Senato eresse una statua al figliuolo di Caro, con una iscrizione molto ambigua. „Al più potente degli Oratori„. Vedi Vopisco nella Stor. Aug. p. 251.
  2. Cagione almeno più naturale di quella che assegna Vopisco (Stor. Aug. p. 251.) cioè il continuo piangere per la morte di suo padre.
  3. Nella guerra Persiana, Apro fu sospettato di aver disegno di tradir Caro. Stor. Aug. p. 250.
  4. Noi dobbiamo alla Cronica Alessandrina (p. 274) la notizia