Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/17

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dell'impero romano cap. xi. 11

sentenza eseguita. Nè lo zelo dei Senatori fu meno ardente per la causa del loro nuovo Sovrano. Ratificarono forse con un sincero trasporto d’animo l’elezione di Claudio, e siccome il Predecessore si era mostrato personal nemico del loro ordine, così esercitarono sotto il velo della giustizia una severa vendetta contro gli amici o la famiglia di lui. Fu permesso al Senato di addossarsi l’odioso uffizio del castigo, e l’Imperatore si riservò il piacere ed il merito di ottener con la sua intercessione un atto di generale perdono1.

Questa ostentata clemenza mostra meno il vero carattere di Claudio di quel che il faccia una frivola circostanza, nella qual sembra ch’egli abbia obbedito ai dettami del suo cuore. Le frequenti ribellioni delle province avevano involto quasi ogni persona nel reato di tradimento, quasi ogni patrimonio nel caso di confiscazione, e Gallieno spesso mostrava la sua liberalità distribuendo tra i suoi uffiziali i beni dei sudditi. All’avvenimento di Claudio, una vecchia donna si gettò a’ suoi piedi, lagnandosi che ad un Generale dell’ultimo Imperatore era stato arbitrariamente donato il di lei patrimonio. Questo Generale era Claudio stesso, che non era rimasto interamente illeso dalla corruzione dei tempi. Arrossì l’Imperatore a questo rimprovero, ma si mostrò degno della confidenza che quella avea avuta nella sua giustizia. La confessione del suo fallo fu accompagnata da una subita ed ampia restituzione2.

  1. Aurelio Vittore in Gallieno. Il popolo altamente chiedeva la condanna di Gallieno. Il Senato decretò che i suoi parenti e domestici fossero precipitati dalle scale Gemonie. Ad un colpevol ministro delle pubbliche entrate furon cavati gli occhi, mentre era sotto l’esame.
  2. Zonara l. XII. p. 137.