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leggiera ferita, ch’esso ricevè nella coscia, ma può rilevarsi anche da un’imperfetta narrazione, e forse da un testo corrotto, che fu cagione della vittoria non meno la condotta del Generale, che il coraggio dell’Eroe: che un corpo di cinquemila arcieri girò ad occupare un folto bosco nella retroguardia del nemico, la cui attenzione era impegnata nella costruzione di un ponte; e che Licinio, confuso per tante artificiose evoluzioni, fu contro sua voglia tirato dal suo vantaggioso posto a combattere nella pianura. Il combattimento allora non fu più uguale; la confusa moltitudine delle nuove reclute di lui restò facilmente vinta dagli sperimentati veterani dell’Occidente. Si dice che trentaquattromila uomini vi fossero uccisi. Il campo fortificato di Licinio fu preso per assalto la sera della battaglia; la maggior parte de’ fuggitivi, che si erano ritirati alle montagne, si renderono il giorno dopo alla discrezione del vincitore; ed il suo rivale, che non potè più tenersi in campagna aperta, si chiuse dentro le mura di Bisanzio1.

L’assedio di questa città, che fu immediatamente intrapreso da Costantino, era molto laborioso ed incerto. Le fortificazioni di quella piazza, che si risguardava con tanta ragione, come la chiave dell’Europa e dell’Asia, erano state riparate ed accresciute nelle

  1. L. II. p. 95, 96. Nel frammento Valesiano descrivesi tal battaglia brevemente, ma con chiarezza: Licinius vero circa Hadrianopolim maximo exercitu latera ardui montis impleverat: illuc toto agmine Constantinus inflexit. Cum bellum terra marique traheretur, quamvis per arduum suis nitentibus, attamen disciplina militari et felicitate, Constantinus, Licinii confusum, et sine ordine agentem vicit exercitum, leviter femore sauciatus.