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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/280

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274 storia della decadenza

plice e spirituale, incapace di scioglimento e suscettibile del più alto grado di virtù e di felicità, subito che si trovi libera dalla corporea prigione. Da questi nobili e speciosi principj, i filosofi, che seguitavano le tracce di Platone, dedussero una conseguenza non giusta nel sostenere che fecero l’immortalità non solo in futuro, ma anche l’antecedente eternità dello spirito umano, ch’essi erano troppo propensi a risguardare come una parte dell’ente infinito ed esistente per se medesimo, il quale penetra e sostien l’Universo1. Una dottrina tanto superiore ai sensi ed all’esperienza dell’uman genere, poteva servire ad occupare piacevolmente l’ozio di una mente filosofica, o a dare nel silenzio della solitudine un raggio di conforto alla scoraggiata virtù; ma la debole impressione, ricevuta nelle scuole, veniva in breve cancellata dal commercio e da negozi della vita civile. Noi abbiam sufficiente notizia delle persone più eminenti, che fiorirono al tempo di Cicerone e de’ primi Cesari, delle loro azioni, de’ loro caratteri o de’ loro motivi d’operare, per assicurarci che la lor condotta in questa vita non fu mai regolata da una seria persuasione dei premj o delle pene di uno stato futuro. Nel Foro e nel Senato di Roma gli oratori più abili non temevano di offendere i loro uditori con rappresentare quella dottrina come un’oziosa e stravagante opinione, che rigettavasi con disprezzo da qualunque persona di culta educazione e d’ingegno2.

  1. La preesistenza delle anime umane, in quanto almeno tal dottrina è conciliabile con la religione, fu adottata da molti de’ Padri Greci e Latini. Vedi Beausobre Hist. du Manicheisme (l. VI. c. 4).
  2. Vedi Cicerone pro Cluentio c. 61. Cesare ap. Sallust. De bello Catil. c. 50. Giovenale Sat. II. 149, ove così si esprime.