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dell'impero romano cap. xv. | 275 |
Poichè dunque i più alti sforzi della filosofia non possono estendersi ad altro, che ad indicar debolmente il desiderio, la speranza, o al più la probabilità di una vita futura, non v’è che una rivelazione divina che assicurar possa l’esistenza, e descriver la natura di quell’invisibil paese, ch’è destinato a ricever gli spiriti umani dopo la lor separazione da’ corpi. Ma facilmente si ravvisano molti difetti inerenti alle comuni religioni della Grecia e di Roma, che le rendevano molto inadeguate ad una sì difficile impresa. I. Il general sistema della lor mitologia non era sostenuto da alcuna solida prova, ed i più saggi fra’ Pagani avevano già rinunziato alla mal usurpata autorità di essa. II. Erasi abbandonata la descrizione delle infernali regioni alla fantasia de’ pittori e de’ poeti, che le avevano popolate di tanti mostri e fantasmi, i quali distribuivano con sì poca equità i premj e le pene, che tal solenne verità, la più coerente al cuore umano, restava oppressa e posta in cattivo aspetto dall’assurdo miscuglio delle più strane finzioni1. III. La dottrina di uno stato avvenire appena risguardavasi, fra’ devoti politeisti della Grecia e di Roma, come un articolo fondamentale di fede. Siccome la previdenza degli Dei riferivasi alle pubbliche società, piuttosto che agli in-
- ↑ L’undecimo libro dell’Odissea dà la più terribile ed incoerente idea delle ombre infernali. Tal pittura è stata molto abbellita da Pindaro e da Virgilio; ma anche questi Poeti, quantunque siano più corretti del grande loro maestro, sono ciò nonostante caduti in molte stravaganti incoerenze. Vedi Bayle Reponse aux questions d’un Provincial P. III. c. 22.
Esse aliquos manes et subterranea regna,
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Nec pueri credunt, nisi qui nondum aere lavantur.