Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/336

Da Wikisource.
330 storia della decadenza

patria; ma traspariva il lor segreto disprezzo a traverso la debole mal coperta finzione, ed anche la plebe, scuoprendo che i propri Numi venivan rigettati e derisi da quelli, de’ quali era solita di rispettare il posto o la scienza, si trovava piena di dubbj e di apprensioni circa la verità di quelle dottrine, alle quali accordato aveva la più implicita fede. La rovina degli antichi pregiudizi lasciava moltissimi in una penosa situazione, priva d’ogni conforto. Uno stato di scetticismo, e di sospensione può piacere a ben pochi spiriti investigatori; ma la pratica della superstizione è sì naturale alla moltitudine degli uomini, che qualora vengano per forza illuminati, compiangon sempre la perdita del lor piacevole inganno. Il loro amore del maraviglioso, e del soprannaturale, la lor curiosità intorno al futuro, e la forte inclinazione ad estendere le speranze e i timori oltre i limiti del monito visibile, furon le principali cagioni che favorirono lo stabilimento del Politeismo. È così urgente nel volgo la necessità di credere, che alla caduta d’un sistema di mitologia è probabilissimo abbia da succedere sempre qualche altro genere di superstizione di nuovo introdotta. Alcune deità, di forma più nuova e alla moda, presto avrebbero occupato gli abbandonati tempj di Giove e d’Apollo, se in quel decisivo istante la saggia Providenza non avesse interposta una genuina rivelazione, atta ad inspirare la stima e la persuasione più ragionevole, nel tempo stesso che godeva di tutti gli adornamenti, che attrar potevano la curiosità, lo stupore, e la reverenza del popolo. Nell’attual disposizione, in cui trovavansi gli uomini, siccome quasi erano affatto staccati dagli artificiosi lor pregiudizi, ma suscettibili, e bramosi ugualmente di qualche religioso attaccamento,