Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/35

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dell'impero romano cap. xi. 29

Roma con un antico muro di più di tredici miglia1. Un recinto sì vasto può sembrare sproporzionato alla forza ed alla popolazione di quello Stato nascente. Ma era necessario di assicurare una vasta estensione di pascoli e di terreno dalle frequenti ed improvvise incursioni dei popoli del Lazio, perpetui nemici della Repubblica. Crescendo la Romana grandezza, si accrebbe a poco a poco la città, e la sua popolazione occupò tutto lo spazio voto, aprì le inutili mura, coprì il campo Marzio, e da ogni parte seguitò le pubbliche strade maestre con lunghi e bei sobborghi2. L’estensione delle nuove mura, erette da Aureliano e terminate sotto il regno di Probo, era magnificato dall’opinione popolare quasi a cinquanta miglia3, ma le accurate misure la ridussero intorno a ventuno4. Era questo un grande, ma tristo lavoro, giacchè i ripari della Capitale svelavano la decadenza della Monarchia. I Romani dei secoli più felici, che affidarono alle armi delle legioni la sicurezza dei campi delle frontiere5, erano ben

  1. Plinio Stor. nat. III. 5. Per confermare la nostra idea, è da osservarsi, che per lungo tempo il monte Celio fu un bosco di quercie, ed il monte Viminale fu coperto di salci; che nel quarto secolo l’Aventino era un disabitato e solitario ritiro; che fino al tempo di Augusto l’Esquilino rimase un insalubre cimitero; e che le numerose ineguaglianze, osservate dagli antichi nel Quirinale, provano sufficientemente, che non era coperto di fabbriche. Dei Sette Colli, il Capitolino ed il Palatino solamente, con la valli adiacenti, furono la primiera abitazione del popolo Romano. Ma questo soggetto richiederebbe una dissertazione.
  2. Exspatiantia tecta multas addidere urbes, è l’espressione di Plinio.
  3. Stor. Aug. p. 222. Lipsio, ed Isacco Vossio hanno di buona voglia adottata questa misura.
  4. Ved. Nardini Roma antica, l. I. c. 8.
  5. Tacito Stor. IV. 23.