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lo stato del Cristianesimo nelle diverse parti dell’Impero per lo spazio di dieci anni, che passarono fra’ primi editti di Diocleziano, e la pace finale della Chiesa.

La dolce ed umana indole di Costanzo era avversa all’oppressione di qualunque parte de’ propri sudditi. Gli uffizi principali del suo palazzo si esercitavano dai Cristiani, egli amava le loro persone, stimava la lor fedeltà, e non gli dispiacevano punto i principj della lor religione. Ma finchè Costanzo restò nel grado subordinato di Cesare, non fu in sua facoltà di apertamente rigettar gli editti di Diocleziano, o di non obbedire a’ comandi di Massimiano. Ciò nonostante la sua autorità contribuì ad alleggerir que’ tormenti, ch’egli compassionava e abborriva. Acconsentì con ripugnanza alla distruzione delle Chiese, ma volle proteggere le persone de’ Cristiani dalla furia del popolo e dal rigore delle leggi. Le Province della Gallia (sotto il qual nome possiamo probabilmente comprendere anche quelle della Britannia) dovettero la singolar tranquillità, che goderono, alla gentile interposizione del lor Sovrano1. Ma Daziano, Presidente o Governatore della Spagna, mosso o da zelo o da politica, volle piuttosto eseguire i pubblici editti degl’Imperatori, che intendere le segrete intenzioni di Costanzo; e difficilmente può dubitarsi, che la sua provinciale amministrazione non fosse macchiata dal sangue di alcuni pochi Martiri2. L’elevazione di Costanzo alla suprema

  1. Vedi Euseb. (l. VIII. c. 13.) e Lattanz. de M. P. c. 15. Dodwel (Dissert. Cyprian. XI. 75) rappresenta quegli Scrittori come non coerenti fra loro. Ma il primo evidentemente parla di Costanzo, quando era Cesare, e l’altro del medesimo Principe innalzato al grado d’Augusto.
  2. Dalle Inscrizioni di Grutero apparisce, che Daziano de-