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44 storia della decadenza

volontaria lor confessione, ritenevano sempre in lor mano la facoltà di scegliere o la vita o la morte. Non tanto la trasgressione passata, quanto la resistenza presente eccitava lo sdegno del Magistrato. Concedevasi un facil perdono al pentimento, e se acconsentivano di gettar pochi grani d’incenso sopra l’altare, venivan licenziati dal Tribunale salvi e con applauso. Un Giudice umano stimava suo dovere di procurare il ravvedimento piuttosto che la pena di que’ delusi entusiasti. Prendendo diverso stile secondo l’età, il sesso, o la situazione de’ prigionieri, spesso adattavasi a mettere loro davanti agli occhi ogni circostanza, che potesse rendere o più piacevol la vita, o più terribil la morte, ed a sollecitarli, anzi a pregarli a voler mostrare qualche compassione verso se stessi, le lor famiglie ed i loro amici1. Se le minacce e le persuasive non avevano effetto, si ricorreva spesse volte alla forza; supplivano i flagelli e le torture alla mancanza degli argomenti, e impiegavasi ogni sorta di crudeltà per domare quell’inflessibile, e come, sembrava a’ Pagani, colpevole ostinazione. Gli antichi Apologisti hanno censurato con ugual verità che rigore l’irregolar condotta de’ lor persecutori, i quali, contro qualunque principio di giudicial processura, servivansi de’ tormenti per ottenere non già la confessione, ma la negazione del delitto, che formava l’oggetto di lor ricerche2.

  1. Vedasi il rescritto di Traiano, e la condotta di Plinio. Gli atti più autentici de’ Martiri abbondano di simili esortazioni.
  2. In specie vedasi Tertulliano (Apolog. c. 2) e Lattanzio (Instit. Divin. V. 9.) I raziocinj loro son quasi gl’istessi; ma si ravvisa bene, che il primo di questi Apologisti era stato un legale, ed il secondo era un rettorico.