|
dell'impero romano cap. xxiii |
235 |
infiammato le menti del popolo, dagli editti di Diocleziano sino all’esilio d’Atanasio. Un esame però più accurato del carattere e della condotta di Giuliano ci toglierà questa favorevole prevenzione per un Principe, che non fu esente dal general contagio de’ suoi tempi. Abbiamo il singolar vantaggio di poter confrontare fra loro le pitture, che ne sono state fatte, sì da’ suoi più appassionati ammiratori, che dagl’implacabili suoi nemici. Le azioni di Giuliano son fedelmente riferite da un giudizioso e candido Istorico, imparziale spettatore della vita e della morte di esso. L’unanime testimonianza de’ suoi contemporanei viene confermata dalle pubbliche e private dichiarazioni dell’Imperatore medesimo; ed i suoi varj scritti esprimono l’uniforme tenore de’ religiosi sentimenti di lui, che la politica avrebbe dovuti fargli piuttosto dissimulare che affettare. Un divoto e sincero attaccamento agli Dei d’Atene e di Roma formava la dominante passion di Giuliano1; le facoltà d’un intelletto illuminato furon tradite e corrotte dalla forza d’un superstizioso pregiudizio; ed i fantasmi, ch’esistevano
- ↑ Io trascriverò alcune delle sue proprie espressioni, tolte da un breve discorso religioso, che compose il Pontefice Imperiale per censurare l’ardita empietà d’un Cinico. Ἀλλ' ὅμως οὕτω δή τι τοὺς θεοὺς πέφρικα καὶ φιλῶ καὶ σέβω καὶ ἅζομαι καὶ πάνθ' ἁπλῶς τὰ τοιαῦτα πρὸς αὐτοὺς πάσχω, ὅσαπερ ἄν τις καὶ οἷα πρὸς ἀγαθοὺς δεσπότας, πρὸς διδασκάλους, πρὸς πατέρας, πρὸς κηδεμόνας. Ma in tal maniera ho temuto ed amo, venero e rispetto gli Dei, e fo generalmente verso di loro tutto ciò che potrebbe farsi verso de’ buoni padroni, de’ maestri, de’ padri, de’ tutori. VII. p. 212. La varietà e la copia della lingua Greca non sembra sufficiente al fervore della sua devozione.