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culto religioso, senza distinguere se questa universale tolleranza dipendeva dalla giustizia o dalla clemenza di lui. Affettava di aver pietà degl’infelici Cristiani, che s’ingannavano sul punto più importante di loro vita; ma la sua pietà era avvilita dal disprezzo, il disprezzo era invelenito dall’odio, e Giuliano esprimeva i suoi sentimenti in uno stile di spirito satirico, il quale cagiona profonde e mortali ferite, quando viene dalla bocca d’un Sovrano. Siccome sapeva che i Cristiani si gloriavano nel nome del loro Redentore, soleva usare, e forse ordinò che si desse loro il titolo men onorevole di Galilei1. Dichiarò che per la follia de’ Galilei, quali esso descrive come una Setta di fanatici disprezzabili dagli uomini ed odiosi agli Dei, erasi ridotto sull’orlo della distruzione l’Impero, ed in un pubblico editto insinua che un frenetico ammalato può alle volte curarsi con salutare violenza2. Giuliano aveva adottato nell’animo e ne’ consigli una illiberal distinzione, che secondo la differenza de’ religiosi loro sentimenti, una parte de’ suoi sudditi meritasse il suo favore e la sua amicizia, mentre l’altra non avesse diritto, che a’ comuni benefizi, cui la sua giustizia ricusar non poteva ad un popolo ubbidiente3. A

  1. Greg. Nazianz. Orat. III. p. 81. E questa legge fu confermata dalla pratica invariabile dell’istesso Giuliano. Warburton ha giustamente osservato (p. 35) che i Platonici credevano nella misteriosa virtù delle parole: ed il contraggenio di Giuliano pel nome di Cristo potea procedere da superstizione ugualmente che da disprezzo.
  2. Juliano Fragm. p. 288. Ei deride la μορια αλιλαιων stoltezza dei Galilei; (Epist. 7) e perde tanto di vista i principj di tolleranza, che brama, Epist. 42. ακοντας ιασθαι, medicarli contro lor voglia.
  3. Ου γαρ μοι θεμις εςι χομιξεμεν, η ελεαιρειν Ανδρας,