Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/364

Da Wikisource.
360 storia della decadenza

abbandonavano i villaggi aperti, e rifuggivansi dentro alle fortificate città; era cacciato via il bestiame; e l’erbaggio ed il grano maturo consumato dal fuoco; e quando eran cessate le fiamme, che interrompevano la marcia di Giuliano, non gli si presentava che il tristo aspetto d’un nudo e fumante deserto. Questo disperato, ma efficace, sistema di difesa non può eseguirsi che o dall’entusiasmo d’un popolo che preferisce l’indipendenza a’ suoi beni, o dal rigore d’un governo arbitrario, che provvede alla salvezza pubblica senza sottoporre all’inclinazion de’ privati la libertà della scelta. Nell’occasione presente, lo zelo e l’ubbidienza de’ Persiani secondò gli ordini di Sapore; e l’Imperatore fu in breve ridotto ad una tenue quantità di provvisioni, che gli andava continuamente mancando fra mano. Prima che fossero interamente consumate, avrebbe potuto condursi alle doviziose e deboli città d’Ecbatana o di Susa, mediante lo sforzo d’una marcia rapida e ben diretta1; ma restò privo anche di quest’ultimo ripiego per l’ignoranza delle strade e per la perfidia delle sue guide. I Romani andaron vagando più giorni all’oriente di Bagdad; il disertore persiano, che artificiosamente condotti gli avea nella rete, si sottrasse al loro sdegno; ed i seguaci di esso, posti alla tortura, confessarono il segreto della cospirazione. Le immaginarie conquiste del-

  1. Isidoro di Carax (Mansion. Parthic. pag. 5. 6. ap. Hudson. Geogr. min. Tom. II.) computa 129. scheni da Seleucia, e Thevenot (Par. I. lib. II. p. 209-245.) un cammino di ore 128 da Bagdad ad Ecbatana, o Hamadam. Quelle misure non possono eccedere una parasanga ordinaria, o tre miglia Romane.