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dell'impero romano cap xlviii. | 159 |
colle sue mani i due satelliti del Khan, rimandò Teodora a suo fratello, ed egli s’imbarcò su l’Eusino in traccia di più fedeli alleati. Una furiosa tempesta assalì il suo vascello, ed un uomo del suo seguito lo consigliò d’impetrare la misericordia del cielo facendo voto di dare un perdono generale, se mai ricuperasse l’Impero. „Perdonare? esclamò l’intrepido tiranno; piuttosto morire in questo momento! l’Onnipotente mi faccia inghiottire dal mare, s’io consento a risparmiare la testa d’un solo de’ miei nemici!„ Egli sopravvisse a quest’empia minaccia, entrò nella foce del Danubio, osò arrischiare i passi nel villaggio abitato dal Re de’ Bulgari, Terbelis, principe bellicoso e pagano, da cui ottenne soccorsi, promettendo di dargli sua figlia, e di partir seco i tesori dell’Impero. Estendevasi il regno dei Bulgari sino ai confini della Tracia, e i due principi con quindicimila cavalieri si spinsero sotto le mura di Costantinopoli. Fu sbigottito Apsimaro da questa improvvisa comparsa del suo rivale, quando glien’era stata promessa la testa dal Cozaro, e ne ignorava la fuga. Dieci anni d’assenza avean quasi abolita la ricordanza dei delitti di Giustiniano; i suoi natali e le sue disgrazie moveano a pietà la moltitudine sempre malcontenta dei principi che la governano, e quindi per lo zelo, e l’attività de’ suoi partigiani fu introdotto nella città e nel palazzo di Costantinopoli.
Nel premiare i suoi alleati, nel richiamare la moglie al suo fianco, dimostrò Giustiniano non essere al tutto scemo dei sentimenti d’onore e di gratitudine. Terbelis si ritirò con un mucchio d’oro, che fu misurato dalla lunghezza della sua frusta. Ma non fu mai adempiuto sì religiosamente un voto, quanto