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160 storia della decadenza

il giuramento di vendetta, pronunciato in mezzo alla procella dell’Eusino. I due usurpatori (così dee dirsi, poichè il nome di tiranno va riservato al vincitore) furono condotti nell’Ippodromo, l’uno dalla sua prigione, l’altro dal palazzo. Leonzio ed Apsimaro, prima che fossero consegnati ai carnefici, incatenati siccome erano, furon distesi sotto il trono dell’Imperatore, e Giustiniano, ponendo un piede sul collo di ciascheduno, guardò per più d’un’ora la corsa dei carri, mentre il popolo, sempre volubile, ripetea quel versetto del Salmista: „Camminerai sull’aspide e sul basilisco, e conculcherai il leone ed il drago.„1 La diserzione universale da lui già provata, potè fargli desiderare, come a Caligola, che il popolo romano non fosse che una testa sola. Osserverò per altro, che questa brama non si addiceva ad un tiranno sagace, imperocchè in vece de’ vari tormenti, con cui straziava le vittime della sua collera, avrebbe un colpo solo terminati i piaceri della sua vendetta e crudeltà. E di questi piaceri fu in fatti insaziabile; nè virtù private, nè pubblici servigi valsero ad espiare il delitto d’una obbedienza attiva od anche passiva ad un governo costituito; e ne’ sei anni del suo novello regno, la mannaia, la corda, la tortura gli parvero i soli istromenti propri del regno. Ma singolarmente contro gli abitanti di Cherson che l’aveano

  1. L’Autore poteva ommettere di riferire una sì cattiva applicazione del Salmo, fatta dal popolo ignorante diretto dai monaci, siccome poteva tacere più sopra quella simile fatta dal Patriarca di Costantinopoli, che doveva tenersi al suo ministero, e non mescolarsi nella cose civili, e politiche. (Nota di N. N.).