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e poco mancò, che all’Imperatore Anastasio ne costasse la corona e la vita1. Non avea il popolo di Costantinopoli alcuna ragionevole idea di libertà, ma il color d’una livrea nelle corse, e una picciola discordanza per un Mistero nelle scuole parevagli un motivo legittimo di ribellione. Il Trisagion, con l’aggiunta o senza l’aggiunta da noi accennata, fu nella cattedrale cantato da due Cori nemici, e dopo avere sfinita tutta la forza del polmone, dieder mano ai sassi e ai randelli, argomenti più sodi: l’Imperatore punì gli aggressori; il Patriarca li difese, e questa gran lite portò un crollo alla corona e alla mitra. In un momento le strade furono piene d’una moltitudine innumerevole d’uomini, di donne, di fanciulli. Legioni di monaci schierati in ordine di battaglia li dirigevano al combattimento gridando: „Cristiani, questo è giorno di martirio; non si abbandoni il nostro Padre spirituale; anatema al Tiranno manicheo! non è degno di regnare„. Tali erano le grida dei Cattolici2. Le galere d’Anastasio stavano sui remi davanti il palazzo, pronte ad accorrere: finalmente il Patriarca diede il perdono al suo penitente, e sedò i flutti d’una plebe irritata. Ma del suo trionfo non gioì lungamente Macedonio, poichè po-

  1. I cenni che si riferiscono alle turbolenze accadute sotto il regno d’Anastasio si trovano sparsi qua e là nelle Croniche di Vittore, di Marcellino e di Teofane. L’ultima non era pubblicata al tempo di Baronio; il Pagi, suo censore, è più copioso e più esatto nelle citazioni.
  2. Tali erano i gridi di una truppa di Monaci tumultuanti, e sediziosi, disapprovati dai veri Cristiani, che amano la pace, e che sono obbedienti ai loro Sovrani. (Nota di N. N.)