Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/81

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dell'impero romano cap xlvii. 75

chi giorni dopo fu cacciato in esilio; ben presto però si riaccese lo zelo della sua greggia sulla medesima quistione: „Se una persona della Trinità sia spirata in croce„. Per questo rilevante affare fu sospesa la discordia in Costantinopoli tra le fazioni degli Azzurri e dei Verdi, le quali, unite insieme le loro forze, rendettero impotenti quelle della civile e militare autorità. Le chiavi della capitale, e gli stendardi delle guardie furon depositate nel Foro di Costantino, che era il posto ed il campo principale dei Fedeli. Questi spendeano i giorni e le notti a cantar Inni in onore del loro Dio, o a saccheggiare e ad ammazzare i servi del loro Principe. Fu portata per le strade in punta ad un’asta la testa d’un monaco, amato da Anastasio, e, secondo il linguaggio dei fanatici, l’amico del nimico della Santa Trinità; e le torce ardenti scagliate contro le case degli eretici, portarono indistintamente l’incendio sugli edifici dei più ortodossi. Furon messe in pezzi le statue dell’Imperatore; Anastasio corse a celarsi in un sobborgo, sino a tanto che finalmente dopo tre giorni prese coraggio ad implorare la clemenza dei sudditi. Comparve egli sul trono del Circo senza diadema, e in figura di supplicante. I Cattolici recitarono alla sua presenza il Trisagion primitivo ed originale; ed accolsero con grida di trionfo la proposta che per la voce d’un Araldo fece ai medesimi d’abdicare la porpora: si arresero nondimeno alla osservazione con cui furono avvertiti, che non potendo tutti regnare, doveano prima di quella abdicazione accordarsi per la scelta d’un sovrano; ed intanto accettarono il sangue di due ministri abborriti dal popolo, che dal lor padrone vennero senza esitanza condannati ai leo-