Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/181

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xxvi. 177

la vista e la pratica d’una famigliar crudeltà indebolisca, senz’accorgersene, i sentimenti di compassione, possiamo osservare, che gli orridi oggetti, mascherati dalle arti del raffinamento Europeo, si presentano nella tenda di un pastore Tartaro nella nuda loro e più disgustosa semplicità. Si macella il bove o la pecora da quell’istessa mano, dalla quale solea ricevere il quotidiano suo cibo: e le palpitanti membra dell’animale con piccolissima preparazione si pongono sulla mensa dell’insensibile uccisore. Nella professione militare, e specialmente nella condotta di un numeroso esercito l’uso esclusivo del cibo animale sembra che produca i più sodi vantaggi. Il grano è una merce voluminosa e facile a guastarsi; ed i gran magazzini, che sono indispensabilmente necessari per la sussistenza delle nostre truppe, lentamente si debbono trasportare a forza di uomini e di cavalli. Ma gli armenti ed i greggi, che accompagnano la marcia dei Tartari, somministrano una sicura e copiosa quantità di carne e di latte: nella massima parte delle incolte solitudini è florida e lussureggiante la vegetazione dell’erba; e pochi sono i luoghi tanto sterili, dove l’indurato bestiame del Norte non possa trovare una sufficiente pastura. Si moltiplica il vitto, e se ne prolunga la durata dall’indistinto appetito e dalla sofferente astinenza dei Tartari. Si cibano essi con indif-

    temps: la barbarie Anglaise est connue: Emil. de Rousseau Tom. I. p. 274. Qualunque sia l’opinione che abbiamo di questa osservazione in generale, non accorderemo facilmente la verità dell’esempio addotto. Le oneste querele di Plutarco ed i patetici lamenti di Ovidio ci seducono la ragione con eccitar la nostra sensibilità.