Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/36

Da Wikisource.
32 storia della decadenza

disturbavano la pace della società e la felicità degli individui; e l’innocente fiamma, che appoco appoco struggeva un’immagin di cera, dalla spaventata fantasia della persona, che si voleva maliziosamente rappresentare, potea trarre una potente e perniciosa energia1. Dall’infusione di quell’erbe, che si supponeva avessero una forza soprannaturale, si potea facilmente passare all’uso di veleni più sostanziali; e la follìa degli uomini divenne alle volte l’istrumento e la maschera dei più atroci delitti. Poichè dai Ministri di Valentiniano e di Valente fu incoraggiato lo zelo degli accusatori, non poterono essi ricusare di prestare orecchio ad un’altra accusa, che troppo spesso avea parte nelle scene di domestiche colpe; accusa d’una più mite e meno cattiva natura, per la quale il pio, ma eccessivo rigore di Costantino avea recentemente stabilita la pena di morte2. Questa fatale

    pevole consultazione. Si posero le ventiquattro lettere dell’alfabeto intorno ad un tripode magico; ed un mobile agnello, che era stato collocato nel centro, indicò nel nome del futuro Imperatore le quattro prime lettere Φ, Ε, Ο, Δ. Teodoro (forse con molti altri che avevan quelle fatali sillabe nel loro nome) fu condannato a morte. Teodosio successe nel trono. Lardner (Testim. Pagan. Vol. IV. p. 353-372.) ha esaminato copiosamente e bene quest’oscuro fatto del regno di Valente.

  1. Limus ut hic durescit, et haec ut cera liquescit
    Uno eodemque igni...
    Virgil. Bucol. VIII. 80.
    Devovit absentes, simulacraque cerea figit:
    Ov. in Epist. Hipsi. ad Jason. 91.

    Tali vane incantazioni poteron commuovere lo spirito, ed accrescer la malattia di Germanico. Tacit. Annal. II. 69.

  2. Vedi Heinecc. Antiq. Jur. Rom. Tom. II. p. 353. ec. Cod. Teod. l. IX. Tit. VIII, col Comment. del Gotofredo.