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volta nella rovina del tempio e della religione di esso. Un gran numero di lamine di vari metalli, ingegnosamente unite fra loro, componeva la maestosa figura della Divinità, che toccava da ogni parte le mura del santuario. L’aspetto di Serapide, la sua positura sedente, e lo scettro, che teneva nella mano sinistra, erano molto simili alle rappresentazioni ordinarie di Giove. Esso era distinto da Giove nel corbello o moggio, che aveva sul capo; e nell’emblematico mostro, che teneva nella mano destra, il capo ed il corpo del quale era di un serpente che si divideva in tre code, le quali terminavano in tre capi, di cane, di leone e di lupo. Asserivasi con sicurezza, che se un’empia mano avesse ardito di violare la maestà di quel Dio, i cieli e la terra sarebbero immediatamente tornati al primiero lor caos. Un intrepido soldato, animato dallo zelo, ed armato di una pesante scure militare, salì sulla scala; ed il popolo Cristiano medesimo aspettava con qualche ansietà di veder l’evento della battaglia1. Egli vibrò un vigoroso colpo sulla guancia di Serapide; la guancia cadde a terra; non sentissi alcun tuono, e tanto i cieli quanto la terra continuarono a mante-

    con Tom. II. p. 296), ma la descrizione di Macrobio (Saturnal. l. I. c. 20.) è molto più pittoresca e soddisfacente.

  1. Sed fortes tremuere manus, motique verenda
    Majestate loci, si robora sacra ferirent,
    In sua credebant redituras membra secures.

    (Lucan. III. 429). È vero, disse Augusto ad un veterano di Italia, in casa del quale cenava, che quello, che diede il primo colpo alla statua d’oro d’Anaitide, restò immediatamente privo degli occhi e della vita? Io fui quello, rispose l’illuminato veterano, e voi presentemente cenate sopra una gamba della Dea. Plin. Hist. Nat. XXXIII. 24.