Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/393

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dell'impero romano cap. xxviii. 389

Il volgo ignorante, il cui animo è sempre agitato dalle cieche speranze, e dai terrori della superstizione, verrà ben presto persuaso da’ suoi superiori a dirigere i propri voti alle dominanti Divinità del suo secolo, ed appoco appoco s’imbeverà d’un ardente zelo pel sostegno e la propagazione di quella nuova dottrina, che a principio la fame spirituale l’obbligò ad accettare. La generazione, venuta dopo la promulgazion delle leggi Imperiali, fu tratta nel seno della Chiesa cattolica; e la caduta del Paganesimo, quantunque sì dolce, fu tanto rapida, che non più di ventott’anni dopo la morte di Teodosio, dall’occhio del Legislatore non se ne scorgevano più i deboli e minuti vestigi1. La rovina della religione Pagana vien descritta dai Sofisti, come un terribile e sorprendente prodigio, che coprì la terra di tenebre, e ristabilì l’antico dominio della notte e del caos. Essi riferiscono in alto e patetico tuono, che i tempj eran convertiti in sepolcri, e che i luoghi sacri che prima splendevano adornati di statue degli Dei, erano vilmente contaminati dalle reliquie dei martiri Cristiani. „I Monaci (specie d’immondi animali, ai quali Eunapio è tentato di negar fino il nome di uomini) sono gli autori del nuovo culto, il quale in luogo di quelle Divinità, che si concepiscono coll’intelletto, ha sostituito i più abbietti e dispregevoli schiavi. Le teste salate ed imbalsamate di quegl’infami malfattori, che pei loro delitti han sofferto una giusta ed ignominiosa mor-

  1. Paganos, qui supersunt, quamquam jam nullos esse credamus. Cod. Theod. lib. XVI. Tit. X. leg. 22. an. 423. Teodosio il Giovane restò in seguito persuaso che il suo giudizio era stato un poco immaturo.