Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/416

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un’adunanza di Vescovi, gli piace di dire più facilmente di quello che sembra, che ei s’aspettasse.

Ma che si pretende dal Sig. Gibbon, potrebbe dirmi un lettore poco avveduto, mentre egli confessa che Gregorio era uno dei più eloquenti e pii Vescovi di quel tempo, un Santo, un Dottor della Chiesa, la sferza dell’Arrianesimo, la colonna della Fede ortodossa, un membro distinto del Concilio di Costantinopoli, in cui dopo la morte di Melezio esercitò l’uffizio di Presidente? Si pretende, per dirlo in breve, meno ironia, e più buona fede. Ed infatti se un tal elogio fosse sincero, come oserebbe, oltre il già divisato, di porre in ridicolo il Nazianzeno per aver raccontato come uno stupendo prodigio, che nella nuvolosa mattina della sua istallazione, quando la processione entrò in Chiesa, comparve il sole; mentre egli dichiarasi1 di narrarlo soltanto per esser sembrato a molte persone un tratto di Provvidenza, avendo tanto contribuito a tranquillare gli animi dei Cattolici, ed a sedare il tumulto? E come potrebbe conchiudere la storia che riguarda Gregorio medesimo, dicendo che la tenerezza del cuore e l’eleganza del genio riflette un più brillante splendore sulla memoria di lui, che il titol di Santo, che si è aggiunto al suo nome2. Ma il fine che il Sig. Gibbon

  1. Carm. I. de V. S. p. 22. 21.
  2. Neppur questo elogio è senza eccezione. Nel N. 1. intende di dir solamente, che tal’era l’indole naturale di Gregorio, quando non era infiammata o indurita dallo zelo religioso. Il fondamento dell’eccezione è l’esortazione fatta a Nettadio di perseguitare gli Eretici di Costantinopoli. Perchè dunque non citare nè le parole, nè il luogo? La ragione è patente. Perchè tutta la persecuzione doveva consistere in pregare l’Imperatore a non permettere, che gli