Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/131

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dell'impero romano cap. xxxi. 125

mense sue possessioni erano sparse per tutto quanto il Mondo Romano; e quantunque il Pubblico potesse aver per sospetti, o disapprovare i mezzi, co’ quali s’erano acquistate, pure la generosità e magnificenza di quel fortunato politico meritò la gratitudine de’ suoi clienti e l’ammirazione degli stranieri1. Fu tanto grande il rispetto, che avevasi alla sua memoria, che i due figli di Probo, nella più fresca lor giovinezza, ed a richiesta del Senato, furono uniti insieme nella dignità Consolare; distinzione memorabile e senza esempio negli annali di Roma2.

I marmi del palazzo Anicio eran passati in proverbio per esprimere l’opulenza e lo splendore3: i nobili però ed i Senatori di Roma con la dovuta gradazione aspiravano ad imitar quell’illustre Famiglia. L’esatta descrizione della città, che fu fatta al tempo di Teodosio, enumera mille settecento ottanta case di ricchi ed onorevoli cittadini4. Molte di queste splendide abitazioni potrebbero quasi scusare l’esagerazion del Poeta, che Roma conteneva una moltitudine di

    La moglie ed i figliuoli gli eressero un magnifico sepolcro nel Vaticano, che fu demolito al tempo del Pontefice Nicolò V. per dar luogo alla nuova Chiesa di S. Pietro. Il Baronio, che deplora la rovina di questo monumento Cristiano, ne ha diligentemente conservate le iscrizioni ed i bassi rilievi. (Vedi Annal. Eccl. An. 395. n. 5. 17).

  1. Due Satrapi Persiani andarono a Milano ed a Roma per udir S. Ambrogio, e per veder Probo (Paulin., in vit. Ambros.) Claudiano sembra che non abbia termini da esprimere la gloria di Probo (in cons. Prob. et Olybr. 30, 60).
  2. Vedi il poema, che Claudiano fece per i due nobili giovani.
  3. Secondino Manicheo, ap. Baron. ann. 490. n. 34.
  4. Vedi Nardini. Roma antica, p. 89, 498, 500.