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palazzi, e che ogni palazzo equivaleva ad una città mentre nel suo recinto includeva tutto ciò, che poteva servire o al comodo o al lusso, cioè piazze, ippodromi, templi, fontane, bagni, portici, boschetti ombrosi, ed artificiali uccelliere1. L’istorico Olimpiodoro, che descrive lo stato di Roma, quando fu assediata da’ Goti2, continua ad osservare, che vari de’ più ricchi Senatori da’ loro fondi ricavavano un’annua entrata di quattromila libbre d’oro, che fanno sopra cento sessantamila sterline, senza computare le provvisioni fisse di grano e di vino, le quali, se si fosser vendute, sarebbero importate un terzo di quella somma. In paragone di tale smoderata ricchezza, un’ordinaria entrata di mille o mille cinquecento libbre d’oro si sarebbe risguardata appena come adeguata alla dignità del grado Senatorio, che richiedeva molte spese di pubblica ostentazione. Si rammentano al tempo d’Onorio più esempi di nobili vani e popolari, che celebrarono l’anno della lor Pretura con una festa, che durò sette giorni, e che costò più di centomila lire sterline3. I beni de’ Senatori Romani, che tanto

  1. „Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas; „Vernula quae vario carmine ludit avis„. Claud. Rutil. Numatian., Itiner, v. III.. Il Poeta visse al tempo dell’invasione Gotica. Un moderato palazzo avrebbe occupato la possessione di quattro iugeri di Cincinnato (Val. Max. IV. 4.) „In laxitatem ruris excurrunt„ dice Seneca Ep. 114. Vedi una giudiziosa nota di Hume (Saggi vol. 1. p. 562 dell’ultima edizione in 8).
  2. Questo curioso ragguaglio di Roma nel tempo d’Onorio si trova in un frammento dell’Istorico Olimpiodoro, ap. Fozio, p. 197.
  3. I figlj d’Alipio, di Simmaco, e di Massimo spesero nelle