Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/250

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lo dovea dire per colmo di sua confusione. Imperocchè, per quel che riguarda i magnifici templi di codesta, una volta Regina del Mondo, ove or dimorate, bastava solo per vergognarsi della sua ingiustissima iperbole, che egli si rammentasse della piacevole Lettera del Sig. Middleton1 ove fa menzione delle Chiese di Roma, che anticamente furono tempj d’Idoli: e Voi per confonderlo non dovete far altro, in ciò imitando Diogene nella confutazione di Diodoro Crono, che una semplice passeggiata pel Foro boario, e nei contorni della vostra vigna del Circo2. Qualora poi si volesse, che tali proposizioni non fossero figlie della malignità, farà di mestiero almeno il supporre, che la Memoria del S. Gibbon abbia sofferto la disgrazia medesima, a cui soggiacque in Cartagine il tempio di quella Dea, smantellato dai Vandali per testimonianza di Vittore Vitense3 dopo l’epoca fissata dal nostro Critico alle devastazioni dei barbari Monaci, ed Ecclesiastici: come tant’altri dovettero essere nei saccheggi ed incendj dei veri Barbari Unni, Goti ed Alani, la rapina de’ quali non era nè diretta nè mossa dai Regolatori spirituali della Chiesa4.

Ma come attribuire del pari a labil memoria l’in-

  1. Ad altri è sembrata piena di scurrilità e di epiteti infami. Valsecchi dei Fondam. della Relig. L. 3. C. 6. Trahit sua quemque voluptas.
  2. Vedi Marangoni, delle cose idolatriche ec. Cap. 54. e seg. Jo. Ciampini, de Sacr. aedific.
  3. De Persec. Vandal. Lib. 3.
  4. Eamque (Romam) depopulati maximam partem admirandorum illic operum incendio consumserunt. Socr. lib.7. C. 10. Vedi per tutti Tillem. p. 433. etc. ep. 592. T. 5. Hist. des Emper.