Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/251

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giurioso confronto, che fu il Sig. Gibbon degl’Imperadori Cristiani co’ Diocleziani, e co’ Decj, scusando la crudeltà di questi per i motivi d’ignoranza, e timore, ed accusando quelli come violatori dei precetti dell’umanità, e del Vangelo poichè proibirono l’Idolatria col rigor delle pene? Fu forse il trionfo della Chiesa macchiato di sangue, che, voglia o no col suo Dodwell il Sig. Gibbon1, scorse a ruscelli nelle tante persecuzioni dei primi tre secoli? Il sarebbe stato, ei risponde, se i Gentili avessero avuto pei loro numi quello zelo sì indomito ed ostinato, (sono elleno queste lodi, od ingiurie?) che occupava lo spirito dei primi credenti. Ma intanto nol fu: e se non lo fu, sarà falso, che rigorosamente si eseguisser le leggi Imperiali, che proibivano i sacrifizj, e le cerimonie del Paganesimo. „Tanto tumultu, ac dissensione malignitas ejus plena est, in narrationes quacumque passim se insinuans occasione!..2. Fecero forse quei Cesari, più crudeli dei Diocleziani e dei Decj, qualche violenza per obbligare direttamente i lor sudditi ad onorar Gesù Cristo, come facevasi ai nostri Martiri3 per offerir degl’incensi alle statue di Giove, e di Apollo? Volgete, e rivolgete quanto vi aggrada le leggi del Codice Teodosiano de sacrificiis, Paganis, et Templis, e vi sfido a trovarne una sola, la quale non prenda di mira azioni superstiziose e sacrileghe tutte esteriori, e tendenti alla depravazion del costume, siccome fatte in ossequio di certe divinità, delle quali si ve-

  1. Euseb. in V. Constant. Lib. 2. C. 52. ex Vales. Vedi nel T. 3. della Storia di Gibbon il Saggio di Confutaz.
  2. Plutarc. nel l. cit.
  3. Euseb., De V. Costant. Lib. 3. C. 1.