Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
dell'impero romano cap. xxxiv. | 379 |
sesso del campo. Dall’Ellesponto fino alle Termopile ed ai sobborghi di Costantinopoli, saccheggiò senza resistenza e senza pietà le Province della Tracia e della Macedonia. Eraclea ed Adrianopoli poterono forse evitare questa terribile invasione degli Unni; ma si usano le parole più espressive di total estirpazione e rovina per indicar le calamità, ch’essi apportarono a settanta città dell’Impero Orientale1. Teodosio, la sua Corte e l’imbelle Popolo, furono difesi dalle mura di Costantinopoli; ma queste mura erano state scosse di fresco da un terremoto, e la caduta di cinquant’otto torri vi aveva aperto una grande e terribile breccia. Il danno in vero fu prontamente riparato; ma l’accidente aggravavasi da un superstizioso timore, che il Cielo stesso aveva abbandonato la città Imperiale ai pastori della Scizia, che non conoscevano le leggi, il linguaggio e la religion dei Romani2.
In tutte le invasioni, che i pastori Sciti hanno fatto ne’ civili Imperi del mezzogiorno, si mostrano essi uniformemente dominati da uno spirito selvaggio e distruttivo. Le leggi di guerra, che frenano l’esercizio della rapina e della strage delle nazioni, son fondate su due principj di sostanziale interesse; cioè sulla co-
- ↑ Septuaginta civitates (dice Prospero Tirone) depraedatione vastatae. L’espressione del Conte Marcelli non è anche più forte, Pene totam Europam, invasis excisisque civitatibus atque castellis, conrasit.
- ↑ Il Tillemont (Hist. des Emper. Tom. VI. p. 106, 107) ha fatto grand’attenzione a questo memorabile terremoto, che fu sentito da Costantinopoli sino ad Antiochia ed Alessandria, ed è celebre presso tutti gli Scrittori Ecclesiastici. Nelle mani di un Predicator popolare un terremoto è uno stromento di mirabil effetto.