Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/393

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dell'impero romano cap. xxxiv. 387

mediante l’incerto computo di quindici giornate di cammino: ma dalla proposta d’Attila di rimuovere il luogo del mercato nazionale, tosto si vide, ch’ei comprendeva dentro i limiti de’ suoi Stati la rovinata città di Naisso. II. Il Re degli Unni richiese ed ottenne, che il suo tributo o sussidio fosse aumentato da settecento libbre d’oro all’annua somma di duemila e cento, e ne stipulò l’immediato pagamento di seimila per risarcirlo delle spese, o per espiare la colpa della guerra. Potrebbe taluno immaginarsi, che tal domanda, la quale appena arrivava alla misura d’una ricchezza privata, dovesse facilmente soddisfarsi dall’opulento Impero dell’Oriente; ma la pubblica angustia somministra una osservabil prova del povero o almeno disordinato stato delle Finanze. Una gran parte delle tasse, che s’estorcevan dal Popolo, veniva ritenuta e arrestata nel passaggio, che dovea fare pei più sordidi canali al tesoro di Costantinopoli. Teodosio ed i suoi favoriti dissipavan le rendite in un dispendioso e prodigo lusso, che si copriva co’ nomi d’Imperiale magnificenza o di carità cristiana. S’erano esauriti gli immediati sussidj per l’improvvisa necessità dei militari apparecchi. Una personale contribuzione, rigorosamente ma capricciosamente imposta su’ membri dell’Ordine Senatorio, fu l’unico espediente, che potesse disarmare, senza perdita di tempo, l’impaziente avarizia d’Attila, e la povertà de’ Grandi li costrinse a prendere lo scandaloso partito d’esporre al pubblico incanto le gioie delle loro mogli, e gli ereditari ornamenti de’ loro palazzi1. III. Pare che il Re degli

  1. Secondo la descrizione o piuttosto l’invettiva del Grisostomo, un incanto del lusso Bizantino doveva dare un